Nel variegato mondo del vino è facile perdersi nelle sfaccettature delle bollicine di cui, in Italia, abbiamo ancora poca conoscenza e uso, nonostante una produzione molto valida.
Prosecco italiano e Franciacorta, spesso vengono confusi, per non parlare di frizzante. Per millenni l’origine delle bollicine del vino è stata considerata misteriosa: solo recentemente si è arrivati a definirle scientificamente dando loro le varie specifiche e il posto d’onore che spetta.
In questa ottica, cerchiamo di dissolvere un po’ la nebbia che avvolge l’argomento.

I metodi di vinificazione

Per iniziare a tracciare una linea guida, è necessario parlare dei due metodi che si usano per creare “bollicine” e imparare a distinguerli.
Champenoise o Metodo Classico: il termine Champenoise può essere usato esclusivamente in Francia e precisamente nella regione Champagne che dona, a sua volta, il nome al prodotto finito.
In Italia il sistema di rifermentazione in bottiglia viene chiamato Metodo Classico.
Questo sistema sembra sia stato inventato da un monaco, Dom Perignon, nella seconda metà del 1600.
Con questo metodo, la presa di spuma, avviene in bottiglia con aggiunta di zuccheri e lieviti selezionati. Le bottiglie vengono messe a riposare orizzontalmente per 18/30 mesi e solo dopo si può iniziare il remuage che continua per uno o due mesi. Le bottiglie, tenute in una certa inclinazione, vengono lentamente ruotate giornalmente per ottenere la caduta delle fecce verso il tappo che, alla fine del trattamento, verranno eliminate attraverso la sboccattura.
Charmat o metodo Martinotti: inventato da Federico Martinotti (italiano), ma brevettato da Eugène Charmat (francese), utilizza la fermentazione in una autoclave pressurizzata tenuta a temperatura controllata per un periodo che varia dai 30 giorni ai 6 mesi per permettere agli zuccheri di trasformarsi in alcol e anidride carbonica. A questo punto il prodotto ottenuto è già pronto per essere imbottigliato.

I tipi di vino

Dopo aver effettuato il primo chiarimento sui metodi di vinificazione, possiamo passare ad individuare quei vini che, pur presentando un perlage più o meno persistente, non possono essere tutti definiti col termine spumanti.
Il Prosecco, nome che viene spesso dato a tutto quello che è frizzante. Il vino prosecco viene prodotto in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Piemonte da uve Glera e lo troviamo in tre formulazioni: fermo, frizzante e spumante. Viene prodotto col metodo Charmat. Di colore giallo paglierino, si presenta fruttato, floreale e ricco di sentori aromatici.
Il Franciacorta, che viene spesso confuso col prosecco, ma col quale non ha nulla a che fare, viene prodotto nella sola regione del Franciacorta, distesa fra le province di Verona e Brescia. Il metodo di produzione è quello classico (per intenderci, quello che si usa per fare lo Champagne, anche se i due vini non hanno nulla in comune, a parte la metodologia per ottenerli) e l’uvaggio è un mix di Pinot nero, Pinot bianco e Chardonnay. I tipi di Franciacorta che vengono commercializzati sono diversi: classico, rosè, satin, millesimato e riserva. Elegante e persistente, è poco aggressivo.
Spumanti, sono un discorso a se stante. Gli spumanti naturali si ottengono con tutte e due le metodologie che vengono applicate in base al vitigno utilizzato.
Il Metodo Classico è usato per i vitigni neutri come Pinot nero, Pinot bianco, Pinot grigio, Chardonnay.
Il metodo Charmat viene usato con vitigni aromatici come Moscato bianco, Moscato giallo, Malvasia nera, Bracchetto e Vernaccia.
Per produrre spumanti, vengono anche utilizzati vitigni Riesling, Garganega, Albana, Verdicchio, Greco, Trebbiano, Freisa, Lambrusco e Cesanese.
Gli spumanti artificiali, che sono addizionati con anidride carbonica in autoclave, hanno l’obbligo della dicitura “Addizionato con co2” sull’etichetta.
Gli spumanti si possono classificare anche in base al residuo zuccherino: Brut, Extra Brut, Secco, Semi-secco, Dolce

Unica caratteristica in comune: essere bevuti freddi.”

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